GESTALT
La Scuola della Gestalt ("Forma" in tedesco) nasce per mano di alcuni ricercatori della Psiche (Wertheimer, Koffka, Kohler e Lewin sono i più importanti), i quali si occupavano prevalentemente di studiare la percezione ed i suoi meccanismi di funzionamento. Attraverso diverse ricerche, tali studiosi giunsero ad identificare alcuni principi soggiacenti al processo di percezione:
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l'imprescindibile importanza del contesto: ogni stimolo trova la sua collocazione mentale ed il suo senso, nella psiche soggettiva, sulla base del contesto in cui compare o a cui appartiene. Calato nella Psicoterapia, questo principio sottolinea che ogni soggetto, per poter essere compreso e poi aiutato, deve essere considerato in relazione al suo ambiente (familiare, sociale e lavorativo);
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la prevalenza della sintesi sull'analisi: significa che la psiche umana dà più importanza al quadro d'insieme che ai singoli dettagli. Un altro modo per esprimere questo è dire che, nella percezione, l'insieme è più della somma delle singole parti che lo compongono. In ambito clinico, questo principio enfatizza la vitale importanza di un approccio terapeutico di tipo olistico. Non ha senso frammentare l'esperienza di vita del paziente, isolando ogni ambito e considerandolo a sé stante; quel che occorre è, invece, valutare ogni componente in relazione alle altre.
Colui che ha adattato questi principi al contesto clinico, sviluppando in questo modo la Terapia della Gestalt, è Fritz Perls. I punti chiave più importanti del suo approccio terapeutico sono:
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la priorità dell'essere rispetto all'avere, e del sapere rispetto al potere. Il che, possiamo anche tradurlo come un forte investimento sulla consapevolezza (sapere) vissuta in modo viscerale o fenomenologico (essere). Qui l'obiettivo non è andare nella speculazione cognitiva astratta, sganciandosi da sé ed osservandosi dall'esterno; al contrario, ciò che la Gestalt cerca di favorire è la capacità di entrare in pieno contatto con se stessi e con la propria vita emozionale;
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l'importanza di sciogliere quei blocchi interiori (affettivi e mentali) che provocano un evitamento o una rottura precoce del contatto (con l'esperienza vitale del qui ed ora, come anche con l'altro affettivamente significativo). Tali blocchi vengono anche definiti come "impasse".
Coerentemente con queste premesse, nella Gestalt terapeutica il lavoro psicologico di tipo verbale viene integrato con tecniche esperienziali di tipo corporeo, mirate a favorire il contatto profondo con le emozioni.
Della Gestalt condivido ed apprezzo in modo particolare:
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l'approccio olistico, che nella pratica clinica traduco come necessità di integrare tutti i livelli esistenziali che ci caratterizzano in quanto esseri umani (sensoriale, emozionale, mentale, sociale e spirituale);
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l'enfasi sull'esperienza emozionale come potenziale catalizzatrice del cambiamento. Molto più delle parole, esperienze affettive e corporee forti, di tipo catartico o innovativo, possono erodere le sbarre della prigione in cui il paziente si è chiuso per paura di soffrire. Quindi la forza del "qui ed ora", ove esso risulti inedito e pienamente partecipato, sta nella possibilità che offre di infrangere le catene dell'abitudine e sganciarsi così dai fardelli del proprio passato.