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La struggente bellezza del femminile:

tornare donna oggi.

<<[Il Femminismo] è diventato un pensiero illiberale [1] e dominante di cui dobbiamo liberarci, anche per il (vero) bene delle donne>>.

(Berenice Levet, filosofa e saggista francese, autrice di "Liberiamoci dal Femminismo").

 

<<Non puoi diventare una rosa. Ma questa non è una ragione per diventare una spina. Non puoi diventare una stella sfavillante nel cielo, ma devi diventare la nuvola scura che copre la sua luce? Lascia che ti dica un piccolo segreto: chi [2] non diventa una spina diventa un fiore, e chi non diventa una nuvola scura diventa proprio la stella scintillante>>.

(Osho Rajneesh: "Il lungo, il corto, il nulla", 1993, Oscar Mondadori).

NOTE:

[1]: qui Berenice Levet, con il termine "illiberale", intende indicare un modo dogmatico di ragionare avverso alla libertà di parola e di pensiero. Avrei preferito però, da parte sua, l'utilizzo di un termine quale "dispotico" perché in un lettore ingenuo l'associazione di "illiberale" con un concetto liberticida potrebbe indurre la fallace idea che invece ciò che oggi viene definito come "liberale" sia a favore della libertà. Chi mi segue e ha letto i miei precedenti articoli, sa benissimo che non è affatto così. 

[2]: nel testo originale italiano, viene usata la traduzione: <<[...] un uomo che non diventa una spina diventa un fiore, e un uomo che non diventa una nuvola scura diventa proprio la stella scintillante>>. Qui ho ritenuto opportuno utilizzare la formula più generica <<Chi [...]>>, poiché questo bellissimo messaggio è universale rispetto alla coscienza umana: è valido tanto per le donne quanto per gli uomini. 

Femmina si nasce, donna si diventa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il genere sessuale, femminile o maschile, è il primo attributo identitario che si sviluppa. Infatti è presente in nuce sin dall'origine del concepimento, sebbene divenga manifesto e ben visibile solo intorno alla ventesima settimana di gravidanza. Quindi l'essere maschio o femmina è qualcosa che ci caratterizza profondamente in quanto individui: un qualcosa di innato ed intimo, la cui influenza è comunque molto più che meramente intrapsichica poiché il modo in cui verremo accolti e trattati, sia dai nostri genitori che dagli altri in seguito, ne è fortemente influenzato. A sua volta, il trattamento sociale ricevuto sulla base del proprio genere sessuale determinerà il grado di affezione o di repulsione per il proprio sesso, e quindi esiterà rispettivamente:

  • nella sostanziale identificazione psicologica con le caratteristiche associate al proprio genere sessuale (conferma dell'identità di genere);

  • nella mancata identificazione psichica con il proprio genere sessuale (disconferma dell'identità di genere, ovvero femmine mascoline o maschi effeminati, con probabile omosessualità ed eventuale desiderio di cambiare sesso).

 

In ogni caso, l'identità di genere non è un qualcosa che possa essere liquidato; persino coloro che scelgono di ricorrere alla chirurgia, infatti, non possono rinunciare ad essa. Piuttosto, possono provare (con più o meno successo) a modificarla. Riassumendo, l'essere maschio o femmina è un attributo innato, e quindi sostanziale, della nostra identità come individui; pertanto, ci riguarda tutti poiché ciascuno di noi nasce, per progetto di Madre Natura, con un sesso specifico e, presto o tardi, è chiamato a sviluppare una propria identità sessuale (sovrastruttura psichica, basata sul sesso organico ma mediata culturalmente). Se essere maschio, o femmina, è un processo identitario nel quale Natura e Cultura s'incontrano, viceversa essere donna o uomo è interamente il frutto di un apprendimento sociale. Infatti i maschietti imparano ad essere uomini osservando ed imitando le figure maschili di riferimento (padre in primis), così come le femminucce apprendono dalle loro madri come essere donne. Quindi la donna viene dopo della femmina, allo stesso modo in cui l'uomo viene dopo del maschio. In breve: femmina si nasce, donna si diventa; maschio si nasce, uomo di diventa [3]

NOTE:

[3]: L'equazione completa è:

  • maschio         uomo         padre;

  • femmina         donna          madre.

Proprio su questa base, nel precedente articolo ("Tra l'incudine e il martello: essere uomo oggi"), ho potuto affermare con convinzione che la crisi del padre è innanzitutto crisi del maschio. 

Aderire all'innata sequenza.

Un buon padre è necessariamente uomo e maschio: come uomo si assume le proprie responsabilità ed è in grado di provvedere a se stesso e contribuire al sostentamento dei propri cari; come maschio, dedica attenzioni (affettive e sessuali) alla propria compagna (che, in molti casi, è anche la madre dei suoi figli). Un padre non sufficientemente realizzato come uomo e come maschio non può esercitare in modo soddisfacente la funzione paterna: il mancato appagamento come uomo lo rende traballante ed insicuro ("latitante", direbbe Recalcati) e l'insoddisfazione come maschio lo porta a vivere con frustrazione il nucleo familiare che ha formato. Da qui si aprono diversi scenari: dalla tacita separazione domestica al divorzio effettivo; dalle furibonde liti quotidiane alla fuga di casa; dalla ricerca di un'amante all'instaurazione di un rapporto incestuoso (il più delle volte solo psicologicamente, ma nei casi più gravi anche sessualmente) con le figlie femmine.

 

Allo stesso modo, una buona madre deve onorare la donna e soprattutto la femmina che è in lei: come donna è importante che mantenga una propria autonoma (almeno psicologica) dal ruolo materno e abbia cura di sé e della propria autorealizzazione (non solo e tanto professionale, quanto soprattutto umana); come femmina, è biologicamente predisposta all'accoglienza affettiva e sessuale del partner e alla cura degli eventuali figli con lui generati. Una madre troppo identificata con il suo ruolo materno tende a trascurarsi, sia fisicamente che psicologicamente, con il risultato di divenire sempre meno attraente mentre perde se stessa all'interno del proprio nucleo familiare. A questo punto il caldo nido diviene pantano, perché una maternità che uccida la donna è a tutti gli effetti una prigionia: una carcerazione dell'Anima. Mentre si spegne la donna, anche la femmina appassisce inevitabilmente: manca una gratificazione sessuale adeguata, e anche ogni gesto d'affetto di coppia diviene un evento sempre più raro e meccanico. A questo punto, si va incontro ad esiti del tutto analoghi a quelli descritti per il maschio [4]. 

Riassumendo, l'innata e logica sequenza sopra descritta prevede che la femmina ed il maschio siano trattati come il pilastro portante della propria identità femminile o maschile; seguono la donna e l'uomo, ruoli mediante i quali ci si integra nel più ampio contesto sociale e al tempo stesso si cerca di avere un'incidenza nei suoi confronti. Infine, per chi sceglie di divenire genitore, subentrano il ruolo materno o quello paterno. Andare contro questa sequenza significa andare contro Natura, perché in effetti, come ho già evidenziato, l'essere maschio o femmina è il nostro nucleo identitario più radicato. E significa anche contraddire il proprio percorso di sviluppo psicologico come uomini e donne, nato dalla mediazione della cultura di riferimento rispetto all'essere maschio o femmina, poiché noi dalla società apprendiamo innanzitutto come essere uomini e donne. Solo più tardi, ci vengono forniti alcuni rudimenti sul ruolo paterno e materno. Di conseguenza, investire sui ruoli genitoriali a scapito dell'autorealizzazione come donne e uomini, o su quest'ultima a detrimento dell'appagamento come femmine e maschi, è sempre una scelta che porta squilibrio. Ed è una scelta che, guarda caso, tanto il Patriarcato quanto il Femminismo hanno incoraggiato.

NOTE:

[4]: con l'unica differenza che, in questo caso, eventuali comportamenti incestuosi avranno come bersaglio i figli di sesso maschile.

La duplice ferocia del Patriarcato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Del Patriarcato si è detto tanto, in merito agli abusi che ha causato sulle donne. In effetti, soprattutto nelle sue forme sedicenti "religiose" (Patriarcato biblico, e poi ecclesiastico), il Maschilismo patriarcale ha istigato ogni sorta di violenza contro la femmina umana. Quel che invece la quasi totalità delle persone ignorano, è che nel Patriarcato anche gli uomini, in fondo, non se la passavano tanto bene. Questo perché il loro essere maschi era subordinato all'essere uomini, e non uomini qualsiasi ma ... guerrieri! Quella marzialità che ha caratterizzato ogni variante del Patriarcato esigeva infatti che solo un "vero uomo" potesse soddisfarsi come maschio reclamando per sé le femmine più attraenti, e per essere riconosciuti come "veri uomini" era richiesto:

  • di rinunciare alle proprie lacrime e alla propria fragilità, da immolare sull'altare spartano della "virtù guerriera";

  • di imparare a dovere, e poi esercitare con sprezzo per ogni umana esitazione, l'arte della guerra.

 

In questa autentica scuola di ferocia, tutti i principali condottieri del Patriarcato sono stati forgiati. Chi si sottraeva alla chiamata delle armi, era rifiutato sia come maschio (anche dalle donne stesse delle culture patriarcali, che lo ritenevano un debole dallo scarso valore) che come padre. 

Il femminicidio femminista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se il Patriarcato consentiva agli uomini di viversi il loro nucleo maschile solo in cambio di battaglie che costavano sangue e sudore, il Femminismo alle donne fa qualcosa di ancora peggiore: impicca la femmina per fare spazio ad una concezione belligerante della donna, i cui prototipi sono l'Amazzone e la Virago. In entrambi i casi, siamo di fronte ad un "copia-incolla" muliebre di quella stessa marzialità che ha caratterizzato il Patriarcato; di conseguenza, a figure di tipo fallocentrico! Riemergono qui i "valori" tipici del più brutale Maschilismo: competizione ad oltranza, fiera tracotanza, lotta per il dominio, eccetera. Ed ecco il paradosso: le seguaci del Femminismo, mentre in teoria dichiarano di volersi opporre al Patriarcato, all'atto pratico lo scimmiottano senza neanche rendersene conto! Il moderno Neofemminismo è ancor meno giustificabile in questo, poiché oggi (in Occidente soprattutto) non vi è alcuna reale oppressione macrosociale della donna. Di fatto, la donna che aderisca a movimenti neofemministi perde se stessa: demonizzando ed odiando gli uomini soffoca la femmina che è in lei; idealizzando la Virago sopprime la donna! Quindi le resta solo la madre, e per le ragioni che ho descritto sopra sarà immancabilmente una madre patologica e distruttiva.

La necessaria riabilitazione: dal Femminismo al Femminile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Occorre riabilitare il Principio (cosmico, archetipico e psichico) femminile: violato per secoli da barbari Patriarchi senza scrupoli, ed oggi vilipeso da quelle stesse donne che per natura dovrebbero essere maggiormente capaci di entrare in sintonia con esso, troppo a lungo è stato calpestato! Donne senza consapevolezza si sono lasciate sedurre dalle sirene del Femminismo, ma l'unica vera "LIBERAZIONE DELLA DONNA" è riabbracciare il Femminile! Si tratta di riscoprire la forza della dolcezza, di far prevalere la cooperazione sulla competizione e la concordia sulla discordia. Ed è un cambiamento di paradigma relazionale che, ove assecondato tanto da uomini quanto da donne, potrà condurre i due sessi finalmente al di fuori di quella sterile catena di reciproci rancori che ho descritto negli articoli dedicati al conflitto donna-uomo [5]. Il che, significherebbe ricominciare dopo millenni a procedere mano nella mano, guardandosi con gli occhi della reciproca empatia.  

NOTE:

[5]: "Il conflitto orizzontale (parte 2/3): donne VS uomini (1/2)" e "Il conflitto orizzontale (parte 2/3): donne VS uomini (2/2)". 

Messaggio urgente dall'Universo per te, donna!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

<<Non puoi diventare una rosa. Ma questa non è una ragione per diventare una spina. Non puoi diventare una stella sfavillante nel cielo, ma devi diventare la nuvola scura che copre la sua luce? Lascia che ti dica un piccolo segreto: chi non diventa una spina diventa un fiore, e chi non diventa una nuvola scura diventa proprio la stella scintillante>>: 

  • "Non puoi diventare una rosa": secoli e secoli di dominazioni patriarcali ti hanno portata a temere il fiore che è in te. Hai finito per credere che ogni tuo tentativo di fiorire sarebbe stato calpestato da maschi insensibili ed incapaci di comprenderti. Ma oggi un nuovo uomo sta facendo la sua comparsa;

  • "Ma questa non è una ragione per diventare una spina": il Femminismo ti sta traviando, prendine atto! Fiori degenerati in erbacce ti hanno avviluppata, e il loro aroma anestetizzante ti invita a mettere in sonno perpetuo la tua femminilità. La soluzione non è questa: non è diventando una spina che sarai felice, perché Madre Natura ti ha progettata per essere un fiore. Magari non proprio quella incantevole rosa che, mentre ti leggevano le favole, sognavi di essere da bambina, ma un altro fiore più adatto al tuo temperamento e alla tua sensibilità. O forse proprio quella rosa, ma imparando gradualmente a far cadere le spine; 

  • "Non puoi diventare una stella sfavillante nel cielo, ma devi diventare la nuvola scura che copre la sua luce?": non riesci ad essere quella donna e femmina pienamente appagata che avresti voluto, ma è forse questa una valida ragione per disprezzare la stella della Femminilità a tal punto da volerla oscurare in te?

  • "Lascia che ti dica un piccolo segreto: chi non diventa una spina diventa un fiore, e chi non diventa una nuvola scura diventa proprio la stella scintillante": se non permetti alle avversità di renderti distruttiva e vendicativa, se ti rifiuti di indossare una grigia maschera fatta di rancore, la luce della tua vera intima essenza (il Femminile) ti farà fiorire e diverrai un nucleo di avvolgente calore per te stessa e per gli altri. 

Cappello animale carino
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Atmospheric portrait of scandinavian ama
Image by Giacomo Ferroni
Donna All'Aperto
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