Tra l'incudine e il martello: essere uomo oggi.

<<Il padre manca alla nostra società, l'autorità simbolica del padre ha perso peso, si è eclissata, è irreversibilmente tramontata. [...] I padri latitano, si sono eclissati o sono divenuti compagni di giochi dei propri figli>>.
(Massimo Recalcati, 2013: "Il complesso di Telemaco").
<<L'invidia del pene e il complesso di castrazione hanno un ruolo essenziale nello sviluppo della bambina; ma sono molto rafforzati dalla frustrazione dei suoi desideri edipici positivi>>.
(Melanie Klein, 1921-1945: "Contributi alla Psicoanalisi").
La crisi del padre è un sintomo.
Quella crisi della figura paterna che Massimo Recalcati descrive, nel suo ottimo testo citato in apertura di questo articolo, è a mio avviso da leggersi come un sintomo: se il padre barcolla, è perché l'uomo per primo si trova in uno stato di equilibrio altamente precario! Quello che intendo dire è che alla base del tramonto del padre c'è, a mio modo di vedere, il declino dell'uomo in quanto maschio. Ma andiamo per gradi, sottolineando innanzitutto i punti più importanti della crisi del padre per come descritta da Recalcati:
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il padre è ormai afono, nel senso che emette una flebile voce priva di autorità: dal "padre padrone" del Patriarcato siamo passati al padre inconsistente, la cui "Legge" (regole, ove ne vengano date) può essere tranquillamente ignorata senza conseguenze;
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il padre è sempre più evanescente: fugge dal confronto e si adatta alle esigenze altrui (di moglie e figli), spesso anche subendo situazioni che gli sono sgradite.
Di questo padre senza voce, incapace di mettere limiti ai propri familiari e di far rispettare il proprio spazio vitale, ritengo si possa affermare che psicologicamente è un maschio castrato. Infatti si pone come un evirato, come un uomo senza VIS [1], del tutto privo di vigore e forza. Qualcuno direbbe, malignamente ma non a torto, che simili padri sono "uomini senza spina dorsale". Infatti il tratto distintivo della VIS è la capacità di essere aggressivi, in senso proattivo e costruttivo (ossia per ottenere qualcosa) o in senso distruttivo (per danneggiare qualcuno). Il che è evidentissimo anche nelle meccaniche dell'atto sessuale, per come vissuto dai maschi: meccaniche che richiedono da un lato l'inturgidimento anatomico del pene e dall'altro un movimento di penetrazione della partner. Quindi quegli uomini che non riescono ad esercitare la funzione paterna sono, anche ed innanzitutto, maschi compromessi [2] nella propria spinta aggressiva.
NOTE:
[1]: dal Latino antico, VIS-ROBORIS significa:
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al positivo: forza, potenza, vigore, energia, influenza ed importanza ... e dunque aggressività costruttiva;
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al negativo: violenza, prepotenza ... e dunque aggressività distruttiva.
[2]: sempre dal punto di vista psicologico, e a volte anche per quanto riguarda la sessualità.
Dal Patriarcato all'evirazione.
Negli ultimi 5000 anni circa, abbiamo vissuto in società di tipo patriarcale all'interno delle quali i maschi in posizione di potere (economico, militare e politico) non si facevano scrupoli ad esercitare una VIS di tipo distruttivo; violenze sui più deboli, ed in grande quantità stupri su donne e bambini, erano all'ordine del giorno. Come ho spiegato ed illustrato in "Il conflitto orizzontale (parte 2/3): donne VS uomini (1/2)" e "Il conflitto orizzontale (parte 2/3): donne VS uomini (2/2)", che se non hai ancora letto a questo punto dovresti leggere per poter pienamente comprendere quanto seguirà in questo articolo, oggi siamo ad una svolta storica: il momento in cui si passa da un ciclo di dominazione patriarcale ad uno di tipo ben diverso. Questo passaggio può essere:
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un grave danno per tutti, se alla fine condurrà ad un Femminismo di tipo amazzonico;
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una preziosa chance evolutiva, se invece esiterà in un Matriarcato di tipo demetrico, ossia in un modello comunitario di tipo cooperativo in cui venga riconosciuta pari dignità a donne ed uomini.
La direzione intrapresa e seguita dall'Occidente negli ultimi 40-50 anni, ovvero dall'avvento del Neofemminismo, è quella della cieca belligeranza amazzonica. Questa tendenza riconosce come "emancipate" solo quelle donne che si sentono in uno stato di perpetuo diritto al risarcimento da parte degli uomini. Tra gli applausi di intellettuali radical chic e personaggi del mondo dello spettacolo, tutti rigorosamente allineati al "politicamente corretto" del verbo neoliberista spacciato per "progressista" [3], e con il pieno supporto di una Cinematografia trash [4], è stato fatto passare il messaggio secondo cui alle donne, ancora oggi povere Vittime del mondo, tutto sarebbe dovuto. Questo non solo è anacronistico, perché negli ultimi decenni le donne (occidentali) hanno avuto gli stessi diritti degli uomini ed anzi in diversi casi [5] anche un trattamento di favore, ma anche troppo comodo! E alla comodità di rivendicare diritti senza interrogarsi sui propri doveri ci si affeziona facilmente, il che spiega lo spuntare come funghi (velenosi) di agguerrite Neofemministe pronte ad urlare a squarciagola per i torti immaginari che credono di subire.
Ferma restando la condanna delle violenze private di tipo domestico, siano esse esercitate da uomini su donne o viceversa, la condizione macrosociale della donna moderna non giustifica in alcun modo il costante vittimismo (apparente) delle Neofemministe e gli atteggiamenti persecutori (sostanziali) da esse messi in campo in risposta ad esso. Ciò per cui veramente queste furie inconsapevoli si battono, è l'annichilimento del maschio: la sua umiliazione e castrazione. Ed è uno scopo già largamente raggiunto, come dimostra quella crisi della figura paterna che ho descritto nel precedente paragrafo e trattato come il sintomo di un declino della virilità.
NOTE:
[3]: per cogliere a pieno questo gioco di prestigio e le sue implicazioni, puoi leggere il mio articolo: "Il conflitto orizzontale (3/3): Sardine VS Fascisti".
[4]: quella in cui si è scelto di rappresentare ad oltranza le donne pacate e femminili come "perdenti" e quelle aggressive in senso distruttivo come "vincenti". Si pensi a quegli sceneggiati, ambientati per lo più in college ed istituti scolastici, in cui i tipici cliché sono:
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la ragazza "fragile" (= sensibile) ed impopolare (spesso anche bruttina o sciatta), bullizzata dai compagni.
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la leader carismatica (anche in virtù di un bell'aspetto), che "indossa i pantaloni" e mette in riga tutti ... dai bulli (il che sarebbe anche un buon esempio) al fidanzato! Il tratto distintivo di queste protagoniste "femminili" (solo anatomicamente) è l'essere tanto generose e solidali con le altre donne quanto brutali con tutti gli uomini che capitano loro sotto tiro. Questo è evidentissimo in quelle immancabili scene in cui la protagonista di turno aggredisce il proprio partner, facendogli una furiosa ed immotivata sceneggiata in pieno stile borderline ed ottenendo come risultato che lui le chieda umilmente scusa (non si capisce per cosa).
Anche in numerosissimi film di genere "Horror" e "Thriller" emerge puntualmente che:
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le donne non violente sono Vittime predestinate di spietati e sadici Carnefici di sesso maschile;
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l'unica eccezione è quella dell'amazzone di turno, forte e coraggiosa, la quale riesce a ribaltare i ruoli massacrando lo psicopatico pluriomicida che la perseguita e vendicando così tutte le femmine precedentemente morte. Anche questa protagonista, come quella tipica delle serie ambientate in contesti scolastici, ha randomici scatti d'ira incontrollata che riversa puntualmente sul proprio fidanzato. Per lo meno, in questo tipo di copione e data la situazione (essere presa di mira da uno stalker psicopatico), queste esplosioni sono più umanamente comprensibili.
Traduco e riassumo i messaggi, neanche tanto subliminali, presenti in questa ampia fetta della Cinematografia:
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le donne femminili e gentili sono sfigate, prototipi ormai superati e destinati all'insuccesso;
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le donne mascoline e combattive sono invece eroine da ammirare. Anche Madre Natura le apprezza in modo particolare, e lo dimostra facendo loro dono di generosi e tonici strumenti di seduzione;
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va benissimo, per una donna emancipata, trattare il proprio partner come un punchball per scaricare lo stress. E un uomo "per bene" non solo non deve difendersi, ma è anche tenuto a chiedere scusa quando viene aggredito. Strano concetto di "Cavalleria", questo!
[5]: come per l'età pensionabile, per la ricerca di tutti i tipi di lavoro che implicano un contatto diretto col pubblico e per la probabilità di ottenere l'affidamento dei figli in caso di divorzio.
Il senso di colpa atavico.
Gran parte degli uomini (occidentali) moderni, per lo meno all'interno di quel gruppo (sempre più ampio, a quanto ho potuto constatare in base all'osservazione empirica) di maschi umani che si stanno aprendo con inedito interesse alla propria dimensione femminile interiore (Anima, in senso junghiano), temono di essere o risultare brutali con le donne. Siamo stati condizionati da tutti i racconti di violenza cui ci hanno esposto i TG e diverse trasmissioni televisive, come anche da quella Cinematografia che ho descritto sopra. Se questo ha avuto per certi versi una funzione deterrente rispetto all'emergere effettivo di comportamenti violenti, dall'altro lato ci ha anche portati a temere la nostra VIS. Quest'ultima, infatti, non la si può scindere: nel momento in cui se ne reprime [6] la componente distruttiva, anche il suo utilizzo costruttivo viene limitato o compromesso. Il senso di colpa per ciò di cui sappiamo essere capaci i più brutali esemplari di maschio umano, molto ben espresso da Adriano Celentano nell'occasione in cui, di fronte al coraggioso racconto di Franca Rame in merito allo stupro subito, egli affermò di vergognarsi di essere uomo, tormenta i più sensibili tra gli uomini.
NOTE:
[6]: il che è ben diverso dall'elaborarla, ossia dal divenirne consapevoli e farne quindi un uso finalizzato e selettivo.
Spezzatino di castrato umano.
Proprio oggi che tra gli uomini emerge il desiderio di una nuova intimità, più delicata ed amorevole, con la donna, le Neofemministe rispondono con frustate e calci sotto la cintura. L'apoteosi della violenza neofemminista dei nostri tempi la si raggiunge quando, dopo aver castrato gli uomini a colpi di rivendicazioni, le voraci amazzoni li fanno a pezzi psicologicamente denigrandoli per la loro scarsa virilità. Una pratica, questa, che nella sua paradossale crudeltà potrebbe a pieno titolo meritare una menzione tra i fenomeni tragicomici se non fosse per il fatto che per chi la subisce c'è ben poco da ridere.
Dalla parte di chi abusa [7].
Scrosci di applausi piovono, dalle reti televisive, sulla "Neo-donna" dell'epoca "liberale": questa amazzone futuristica, con l'umore ad orologeria e sempre più emancipata dal fardello della femminilità, piace tantissimo a chi gestisce i mezzi d'informazione e a coloro che in essi sguazzano (politicanti, opinionisti e bardi del Mondialismo liberticida). [8] Come anche, piace l'evirazione del maschio perché un uomo castrato è più docile e sottomesso. Quindi il ruolo sociale affidato dal Neoliberismo alle moderne Femministe è duplice:
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aizzare le donne contro la propria essenza archetipica femminile (fatta di: accoglienza, dolcezza e gentilezza), al fine di snaturarle rendendole in un sol colpo cronicamente infelici e costantemente rabbiose;
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massacrare, psicologicamente e sociologicamente, gli uomini per ridurli al silenzio e alla rassegnazione.
A monte di questo c'è la precisa volontà di evitare che, in una fase storica in cui il dominio patriarcale è al tramonto, i due sessi possano prendersi per mano e cominciare a camminare insieme nella stessa direzione. Qualora donne e uomini si ritrovassero, questa volta su un piano di paritetico rispetto, il nuovo livello di intimità che potrebbero raggiungere li renderebbe molto più forti, felici e coraggiosi di quanto non siano mai stati. Dal punto di vista del padrone capitalista, i cui imperi di ricchezza sono fondati sullo sfruttamento schiavistico dell'altrui lavoro, questo deve essere assolutamente evitato.
NOTE:
[7]: attualissima e mai tramontata, anzi da incorniciare, la frase di Malcom X: <<Se non state attenti, i Media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono>>.
[8]: tanto in TV, quanto dalla quasi totalità della stampa "Mainstream" e dei personaggi politici oggi presenti sulla scena occidentale:
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il Maschilismo viene trattato come un modo di pensare gretto, medioevale e retrogrado; il Femminismo, invece, come qualcosa di moderno, desiderabile ed altamente evoluto. Davvero uno strano modo di essere umanitari! Per le donne vittime di torti si alzano gli scudi, mentre nel caso degli uomini si istigano le pugnalate. Questa "FILANTROPIA" SELETTIVA dovrebbe far suonare come minimo un campanello d'allarme in chiunque si definisca capace di pensare! Quel che c'è di certo, è che ogni individuo onesto intellettualmente e dotato di un reale senso di giustizia dovrebbe bocciare tanto il Maschilismo quanto il Femminismo;
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le (oggi assai rare) discriminazioni di donne vengono presentate come oltraggi alla civiltà, mentre quelle (sempre più pervasive e frequenti) di uomini come eccellenze. Al riguardo, porto i due esempi più lampanti:
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l'edificazione di palestre per sole donne: nessuno sembra essersi scandalizzato per questa iniziativa di tipo imprenditoriale, accompagnata dal più totale silenzio-stampa. Ma proviamo a chiederci: <<E se qualcuno avesse aperto una palestra per soli uomini?>>. Come minimo, sarebbe stato preso di mira da tutti i principali Media ed etichettato come un sessista! E non nutro dubbi in merito al fatto che anche qualche politicante in cerca di visibilità si sarebbe accodato alla spietata macchina della diffamazione mediatica;
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la costruzione di parcheggi riservati, di "colore rosa": qui la discriminazione è ancor più palese, perché è lo Stato, e non un un Privato, che sceglie di escludere dall'accesso ad un servizio il genere maschile nella sua interezza. Basta farsi un giro sui principali Social, per cogliere come le beneficiarie di questa iniziativa la abbiano prontamente lodata in quanto indiscutibile prova di Civiltà. Ancora una volta, dobbiamo però chiederci cosa sarebbe accaduto a ruoli invertiti, con parcheggi per soli uomini. Con ogni probabilità, in tal caso avremmo assistito a fenomeni di isteria collettiva femminista e vandalismo amazzonico.
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Invidia del pene? O pene dell'invidia???
Pur apprezzando alcuni aspetti dell'opera di Sigmund Freud, ho sempre fatto fatica ad attribuire una qualche credibilità al suo concetto di "Invidia del pene". L'idea in base alla quale le femminucce, dopo la scoperta dell'esistenza del pene sui corpi maschili, sentirebbero di esserne state private e proverebbero pertanto una forte invidia verso i maschi, mi sembra assai poco credibile sulla base del fatto che il potenziale orgasmico vaginale è di gran lunga superiore a quello del pene. Infatti l'organo sessuale femminile non ha tempi di ricarica, contrariamente a quello maschile, ed è anche meno soggetto a disfunzioni. Ritengo quindi che, almeno nel caso di donne in pace con la propria femminilità e con una vita sessuale soddisfacente, sia fuori luogo ipotizzare questo complesso di inferiorità di tipo fallocentrico e si dovrebbe semmai parlare di desiderio del pene. Diverso però è il discorso per donne sessualmente frustrate perché in guerra con la ricettività femminile del proprio corpo; in questo caso la mancata sintonia con la propria vagina può effettivamente esitare in una maligna "Invidia del pene": di quell'organo di cui non si riesce a godere, e che pertanto deve essere disprezzato e distrutto. In altri termini:
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la femmina umana capace di accogliere il proprio desiderio del pene non prova invidia, ma amore e gratitudine per quell'organo che la colma di piacere. Quindi incarna la vagina dell'amore;
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la donna snaturata (= Neofemminista, o donna in eccesso di marzialità) è invece vittima del proprio disprezzo per il Principio (cosmico e psichico) femminile (YIN), e per il proprio corpo come tempio in cui accogliere l'altro; pertanto rifiuta la propria vagina e vorrebbe al suo posto un pene: il pene dell'invidia!
Sopravvivere all'incudine e al martello.
L'uomo moderno, e più precisamente il maschio bianco in età adulta [9], si trova tra l'incudine delle pressioni sociali ad assecondare e compiacere la donna per risarcirla di tutto il male che storicamente il Patriarcato le ha fatto ed il martello dei colpi spietati che gli vengono inferti ogni qual volta si mostri poco virile. Trattandosi di spinte di segno opposto, la violenza psicologica che ogni uomo occidentale subisce è immensa! Infatti la scelta che viene offerta è soltanto apparente, dal momento che in ogni caso conduce ad un esito perdente:
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se ci si adatta all'incudine, mostrandosi gentili e remissivi, ci si espone ai metallici pugni del martello per mancanza di virilità;
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se invece si tenta il recupero della propria VIS, portandola nel rapporto con le donne, si viene facilmente e prontamente etichettati come "maschilisti" o "misogeni".
Come difendersi da tutto ciò? Come reclamare la propria VIS, senza per questo ricadere negli errori ed orrori compiuti durante il Patriarcato? I punti che ritengo più importanti sono i seguenti:
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contattare la propria aggressività (YANG) ed entrarci in intimità, tenendone ben presente la dimensione vitale e la stretta correlazione con la sessualità. Qui la considerazione da fare, e soprattutto da interiorizzare, è che senza la spinta dell'aggressività nessuno di noi sarebbe mai venuto a questo mondo. Quindi la VIS in sé non è qualcosa di temibile da cui un bravo uomo dovrebbe stare alla larga. Il vero problema sta nel tipo di uso che decidiamo di fare della sua dirompente energia, di tipo maschile. Recuperare un uso costruttivo della propria mascolinità significa divenire virili, e pertanto non più soggetti ai colpi del "martello";
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stabilire e mantenere un contatto amorevole con quella delicatezza interiore (YIN) che in quest'epoca molti uomini (sempre per lo più occidentali) stanno riscoprendo. Questo serve sia a raffinare la propria sensibilità che a sviluppare uno stile relazionale più cooperativo e meno competitivo (ma non servile, come invece diverrebbe assecondando quella che ho definito come "L'incudine"). Quando alla forza interiore di tipo virile si affianca la gentilezza di tipo femminino, diviene impossibile essere violenti in modo gratuito. Di conseguenza, ogni tentazione di Maschilismo o di Femminismo viene a cadere.
La chiave per il recupero della propria VIS, e per instaurare una condizione maschile dignitosa (rispettosa di se stessi e dell'altro), è dunque un accurato e profondo lavoro intrapsichico sulla polarità. Lo stesso dicasi per le donne: solo una donna in sintonia con la propria natura accogliente ed al tempo stesso adeguatamente assertiva esprime al meglio la dolce fragranza dell'integrità in versione femminile.
NOTE:
[9]: onde prevenire fraintendimenti in buona fede, come anche tentativi di strumentalizzazione delle mie parole, specifico che non sto insinuando che il maschio bianco sia, per razza o per Genetica, l'unico capace di sensibilità verso le donne. Qui il punto è che in gran parte dell'Africa, dove ancora c'è molta brutalità e violenza di tipo patriarcale, come anche nelle Nazioni più povere e culturalmente arretrate del globo, manca una concezione rispettosa della donna. Per l'Oriente, invece, direi che in alcuni casi c'è uno sbilanciamento di tipo femminista (Cina in primis) e in altri di tipo maschilista (penso all'India in particolare). In compenso, ci sono anche situazioni che andrebbero prese come esempio, quali:
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il Giappone, dove vige un enorme rispetto per la figura maschile, non disgiunto da una diversa ma altrettanto alta considerazione della donna. Il caso nipponico è interessante perché mette in rilievo come un modello per certi versi ancora "all'antica", con attribuzione di specifici e diversi doveri tra uomini e donne, funzioni molto meglio di quella "uguaglianza" invocata pappagallescamente dalle Femministe sin dagli albori delle loro rivendicazioni, e sostanzialmente riconducibile ad una legittimazione, per le donne, alla riproduzione di tutti i peggiori modelli e comportamenti del Patriarcato (carrierismo, competizione fratricida, infedeltà affettiva, consumismo sessuale, brama di dominio sull'altro). Specifico che a mio avviso, comunque, la soluzione ideale non è scindere radicalmente ruoli, diritti e doveri del maschio e della femmina (il suddetto modello nipponico), bensì che ogni individuo sviluppi un rapporto armonico e costruttivo tanto col Maschile quanto col Femminile in sé;
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la Thailandia e le Filippine dove, compici anche i ritmi di vita umani e sostenibili, femmine e maschi interagiscono molto più all'insegna del rispetto reciproco che non sulla spinta di quella sterile competizione egocentrica tipica di tutte le Nazioni altamente industrializzate.
Tolte quelle Nazioni in cui una integrazione armonica uomo-donna è stata conseguita, e quelle invece in cui non la si cerca neanche perché vige ancora il Patriarcato, è evidente che chi oggi può sentire sulle proprie spalle una forte pressione culturale a compiacere la donna è precisamente il maschio adulto europeo o nord americano (Stati Uniti e Canada). Anche l'Australia, altra nazione di cultura occidentale e nella fattispecie anglosassone, può essere inclusa a pieno diritto tra le Nazioni in cui gli uomini si trovano oggi ... "Tra l'incudine ed il martello".


